Donzellette ch'il bel seno fate segno a dardi d'oro, non v'ingann'il bel sereno, ne di le gentil tesoro. Quel seren'e ardor verace, quel tesor'e in se fallace, infelice oime chi crede ch'in ammant'alberghi fede. Un leggiadro giovinetto che piangev'al pianto mio, che parlava con l'affetto e pregava co'l desio, che fingava tormenti e doglie e prendea dalle mie suo contento e pac'e vita, m'ha lasciata e m'ha tradita. Con pietà tal'or'al Cielo, il crudel mirai rivolto, or di fiamma, e or di gelo ricopria l'amato volto. Coi sospir' troncava i detti, suoi tormenti e suoi diletti sol prendea dal mio sembiante, er'amato, e non amate. Semplicetta i mi credea, che dal cor partisse il pianto, male accorta e non vedea, ch'era frode e'ra'incanto. Aspre fiamm'e rei sospiri, furon scherzi e non martiri, era giaccio il finto ardore, era scherno e non Amore. Lungamente Amor sofferse, l'infidel nel suo bel regno, ma sua frodi al fin scoperse di Cupido il giusto sdegno. E sciegliendo aspra saetta poi s'accinse alla vendetta, se vedrò l'amante ingrato per l'altrui languir piagato.